Perché ho deciso di girare film documentari


“ La somma di tutti i documentari finora realizzati,

 si avvicina di molto al  respiro del mondo”

Maurizio Fantoni Minnella

 

Che cosa significa fare documentari oggi in Italia? Innanzitutto esporsi al rischio della dispersione e dell’oblio.  Con questo intendo affermare che la difficoltà a produrre e a distribuire film documentari d’autore, deriva principalmente da un pregiudizio fortemente radicato nella nostra cultura, secondo cui il pubblico corrente, il “comune spettatore”, per dirla con le parole di Oreste Del Buono, non sarebbe affatto pronto ad assimilare un prodotto filmico che si situa in uno strano limbo, ossia tra il cinema di finzione, universalmente riconosciuto perfino nella propria accezione degenerativa di fiction, e il cosiddetto documentario educational senza finalità estetiche.

Ma è proprio la difficoltà, ma anche la pigrizia intellettuale nel definire  questo  “nuovo oggetto filmico”, ad avere per così dire ritardato i tempi di disseppellimento e di rivalutazione critica di una prassi filmica (si badi, non di un genere), la cui definizione più corretta ed efficace è quella di cinema del reale. Del resto i segni di una deliberata dimenticanza, da parte della critica, tutta a favore di un cinema, quello narrativo, ritenuto a torto, maggiore, sono leggibili nella cronica povertà di materiale storico, critico e monografico (perfino nelle filmografie dei singoli autori, viene omessa la maggioranza delle opere documentaristiche!). Infatti, anziché rimarcare semplicemente la diversità del film documentario d’autore, si è preferito ignorarne i valori e i significati, insistendo peraltro sulla sua presunta inferiorità. Ciò è dimostrato, ad esempio, dalla mancanza di una prospettiva storico-critica nell’evoluzione stessa del documentarismo in Italia, quasi che questa nuova ondata di autori e di opere, certamente originata non tanto da una solida tradizione nazionale, (che andrebbe invece sottratta all’oblio), quanto da modelli esterni, da esempi contemporanei non provenienti dal documentarismo puro come i tedeschi Wim Wenders, o Werner Herzog, o da autori esclusivamente di film documentari di grande successo come l’americano Michael Moore. Ed è proprio sull’onda di tale successo che in Italia, con il film documentario d’autore è nata una nuova definizione di documentario; qualcuno preferisce chiamarlo altro cinema o cinema del reale. Quest’ultima mi sembra la più appropriata per un linguaggio che pur rifiutando l’idea di drammaturgia e di conseguenza, l’utilizzo della recitazione, tuttavia ritrova al suo interno, ossia dentro i codici della realtà, dramma, comicità e narrazione.  

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